domenica 25 gennaio 2015

Quando i primi dieci bastavano e avanzavano

TITOLO: Il Principe Lestat
AUTORE: Anne Rice
EDIZIONE: TEA
PAGINE: 560
VERSIONE LETTA: cartacea
VALUTAZIONE IN DECIMI: 6+

Ri-eccoci qui.
Vi avevo già preannunciato che la chiacchierata sulle Cronache dei Vampiri non si sarebbe esaurita con il primo post, visto che non avevo ancora letto l'ultimo libro uscito. Ora l'ho fatto e quindi ho di nuovo qualcosa da dire...
Giusto per la cronaca, a breve dovrebbe uscirne un altro ancora, quindi nemmeno questo post è conclusivo (ahah).



Il principe Lestat è il libro che tutti gli aficionados stavano aspettando. Tutti i lettori del mondo aspettavano con ansia che il vampiro più viziato di tutti resuscitasse sul serio e riprendesse a chiacchierare con la folla. Era dai tempi di Memnoch che non succedeva. E sulla pagina facebook mrs Rice non faceva altro che pubblicizzare questa nuova Cronaca da mesi (fino alla data di uscita americana, ossia il 31 ottobre, notte di Halloween).
Quindi le aspettative erano cariche e i fan pure.

Ahi ahi.
In genere quando si crea tutta questa suspance, si resta inevitabilmente delusi. E' difficile accontentare tutti, lo so, ci sono cose che per alcuni sono fondamentali e per altri no, persino l'autrice ha delle preferenze che possono non concordare con quelle di alcuni fan.
Però, cavolo, quando è troppo è troppo!

Dunque. Si parte un po' fiaccamente, ma abbastanza bene, con uno schema già trionfalmente proposto nel precedente Queen of the Damned, ossia con una miscellanea di punti di vista.
Esattamente come il terzo libro della saga, Prince Lestat parte da punti di vista differenti, e persino tempi differenti, per arrivare all'attuale situazione.
Ed esattamente come il terzo libro, l'attuale situazione consiste in un pericolo non meglio identificato per la specie vampiresca, per cui si richiede che gli anziani e i membri più in vista della suddetta specie si riuniscano in concilio per cercare una soluzione.
Se la soluzione nel terzo libro fu quella di mettere il Sacro Nucleo dentro il corpo devastato e ormai ridotto a semplice involucro di Mekare, stavolta si sceglierà di "spostarlo" in quello del nostro amato brat prince, che ovviamente non può che esserne più che felice.

Partiamo dalla storia: non è niente di che. I colpi di scena disseminati qui e lì non fanno sussultare quasi mai (l'unico che non mi aspettavo era il concepimento di Viktor, per ovvi motivi), struttura narrativa già usata (anche se con successo, ammettiamolo) e finale scarsino.
Continuiamo con il linguaggio: Anne Rice sa decisamente come descrivere un personaggio, e penso che dia il meglio di sé quando descrive un personaggio che suona uno strumento. A questo proposito mi viene in mente il passaggio in cui Antoine suona il violino insieme a Sybelle, mentre si trova ancora fuori sul marciapiede. Una descrizione meravigliosa, ti fa entrare assolutamente dentro il libro e ti fa quasi sentire quella musica. In questo è davvero una maestra.
Passiamo ai personaggi: quelli sono sempre affascinanti, o perlomeno quasi tutti. Quelli di cui mi sarebbe piaciuto di più sentir parlare sono quelli di cui si è parlato poco e niente, accidenti (per esempio Sevraine) e di altri avrei semplicemente fatto a meno (Fareed sicuramente, non vedo affatto la necessità di un "medico dei vampiri", la sola espressione è un ossimoro).
Inutili figure a parte (citiamo anche Rose, a proposito: andiamo, che cavolo c'entra??), spendiamo due parole sul protagonista, il sempre meraviglioso e sfavillante Lestat de Lioncourt.
E' stato abbastanza impeccabile durante tutto il libro, anche se a mio modesto parere si è visto troppo poco (non abbiamo esagerato un po' col numero dei personaggi, Anne?) ma, proprio quando doveva tirare fuori gli attributi che indubbiamente ha, fallisce.
Come, non ho capito bene?
Si, hai capito bene. Lestat, il piccolo principino viziato, amato da tutti per il suo carattere ribelle e non solo per quello, fallisce. E pure miseramente, direi.
Prima di continuare, vorrei ricordarvi che io amo Lestat, è il mio preferito di sempre, quindi mi dispiace un sacco dire queste cose, ok? Non prendetevela con me!
Insomma, prende il Sacro Nucleo dentro di sé e si sente giustamente il più figo di tutti, anche se secondo me figo più di tutti lo è sempre stato, sente che è diventato il Principe dei Vampiri, come già lo chiamavano quelli intorno a lui, e capisce che ormai deve prendere le decisioni come farebbe un Reale. Fin qui benissimo, logico, tuttapposto.
Ed è qui che succede il patatrack. Il suo primo regale discorso. Ma come l'ha scritto? Ma non l'ha riletto alla fine per vederne l'effetto? E' un disastro! Un totale, inconsolabile, impossibile, in-qualche-altra-cosa DISASTRO! Il modo in cui ha dato istruzioni su come organizzare la sua "Corte", in cui ha nominato i suoi "ministri", in cui ha dato disposizioni a tutti su come vivere e cosa fare d'ora in poi...non posso fare a meno di pensare che tutto ciò fosse davvero FUORI LUOGO. Mi sono sentita a disagio leggendolo ed è una sensazione che non mi piace. E non mi è sembrato naturale il modo in cui tutti, persino gli anziani più anziani, gli hanno concesso di dire quella marea di...sciocchezze.

Poi, proprio quando stavo per lanciare il libro dalla finestra, ecco l'inaspettato: un accenno a Nicki, ossia Nicolas de Lenfent e alla "nostra conversazione". Dopo tutto quell'orribile e arido discorso, mi è sembrato un sorso di acqua fresca e mi sono venute le lacrime. Eccola lì la mrs Rice che io adoro, il Lestat che io adoro. Perchè mai si è camuffato dietro qualcosa che non è?
E con l'ultimo capitolo "Louis- E' giunta infine la sua ora", per fortuna, si assiste alla ripresa, seppure breve, del libro. Un bellissimo capitolo conclusivo, dal punto di vista del vampiro che ha dato inizio a tutto, alle Cronache stesse pur non sapendolo, Louis, che Lestat ha amato e ama ancora profondamente, a cui è legato a filo quadruplo fin dalla prima volta che l'ha visto, in parte perchè gli ricorda il suo primo grande amore Nicolas.

Insomma, in conclusione il libro non è certo da buttare, il linguaggio della signora di New Orleans è sempre magnifico e pulsante di colori e vita, ma nell'insieme il risultato non è all'altezza dei primi tre volumi, che come ho già detto sono i miei preferiti e costituiscono il nucleo stesso delle Cronache. Certo, sempre meglio degli ultimi due (Blackwood farm e Blood canticle) ma non abbastanza.
Aspetterò di leggere il prossimo per ricredermi.

Anarchic Rain

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