venerdì 6 febbraio 2015

Ci sono libri bellissimi che parlano di cose bruttissime

TITOLO: Il giardino di cemento
AUTORE: Ian McEwan
EDIZIONE: Einaudi
PAGINE: 159
VERSIONE LETTA: cartacea
VALUTAZIONE IN DECIMI: 8+

Un altro libricino di poco spessore fisico ma ad alto peso specifico.



Siamo in un posto non precisato dell'Inghilterra degli anni '70. La storia è terrificante, ma ancora peggio è fredda (come il cemento): quattro ragazzi (la più grande di diciassette anni, il più piccolo di sei), dopo aver perso il padre, dopo una malattia terribile perdono anche la madre. Per paura che i servizi sociali li mandino in orfanotrofio e quindi li separino gli uni dagli altri, decidono di chiudere il cadavere della madre in un baule e riempirlo di cemento.
Quello che accade dopo è in un certo senso spaventoso. Il degrado, sia fisico che morale, è profondo ma non mi sono accorta subito di quello che stavo leggendo, di come si dipanava la storia. Lì per lì credo di aver accettato tutto quanto era scritto come normale. Ma alla fine, quando ho voltato l'ultima pagina e ho visto che era l'ultima, è stato come svegliarmi e di colpo ho capito: non poteva essere normale.
E questo mi ha catapultato direttamente nella memoria di un altro libro che mi ha sconvolta, ossia Il signore delle mosche, di cui prima o poi parlerò.
Il parallelismo è semplice: sono due libri che parlano di ragazzi senza adulti e sono due libri fondamentalmente crudeli.
Ma no, forse crudeli è dire poco. Non lo so. Per il momento non mi viene una parola più adatta.
Quello che mi viene da chiedermi dopo aver letto il libro è semplice e terribile: se succedesse davvero una cosa del genere, c'è davvero qualche ragazzino che si comporterebbe così? Purtroppo la risposta mi viene alla mente con la stessa facilità: si. E perché? Semplice: perché mentre leggiamo, abbiamo davvero l'impressione che possa succedere, non sembra un'assurdità. Come ho detto prima, è solo dopo che ci si rende conto di quello che significa tutta la storia.

Ma questo ci porta anche a pensare che allora nei ragazzi, negli adolescenti, c'è una "zona d'ombra" più ampia di quello che ci piace pensare di solito. In questa zona d'ombra si ammassano tutte le sensazioni più torbide, i pensieri più impuri (sotto ogni punto di vista) e i desideri più crudeli e, siccome di solito sono così schiacciati dalle sovrastrutture esterne che non possono prendere aria, soffocano in loro stessi e il ragazzino cresce normale (qualsiasi cosa voglia dire).
Ma se, in un'età così cruciale, vengono a mancare quelle sovrastrutture, quella sorveglianza da parte di chi già ha superato quella fase, che cosa può succedere? Se il ragazzino in questione è forte abbastanza (non parlo ovviamente di forza fisica) allora non succederà granché e lui crescerà in modo assolutamente naturale, liberandosi (quasi completamente) di quella zona d'ombra, o almeno relegandola in un angolo buio, come la polvere sotto il tappeto. Ma se poco poco è fragile e non ancora abbastanza maturo, penso che sia il disastro. Penso che quello che McEwan descrive in questo meraviglioso piccolo capolavoro non sia così lontano dalla realtà.

Il giardino di cemento dà i brividi. E come al solito, i nostri (amati?) brividi derivano dalla paura che tutto il sordido che abbiamo letto sia in effetti reale, o lo possa essere.

Perché dovreste leggerlo? Be', innanzitutto, se vi è piaciuto il già citato Signore delle mosche, vi consiglio di dare un'occhiata anche a questo, perché per atmosfere e profondità poco ha da invidiargli. Se invece non sapete nemmeno chi sia Golding, leggete McEwan perché vi conosce. Più profondamente di quanto pensiate.

Anarchic Rain

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