martedì 30 giugno 2015

In Italia l'horror è rosa, di peluche e...ziga!

TITOLO: La notte eterna del coniglio
AUTORE: Giacomo Gardumi
EDIZIONE: Il Sole 24 ore
PAGINE: 348
VERSIONE LETTA: cartacea/kindle
VALUTAZIONE IN DECIMI: 7

Un altro horror, stavolta di un italiano. Credo sia il primo che leggo.
Non sapevo dell'esistenza di questo titolo, che poi è anche piuttosto recente (2003, se non sbaglio), ma fa parte della collana horror in uscita con il Sole 24 ore e quindi ho iniziato a leggerlo. Il titolo mi attirava parecchio.



In due giorni l'ho divorato. Che dire, un libro che si lascia assolutamente leggere. Anzi.

Scritto in prima persona da una donna (già questo abbastanza insolito), è ambientato in America, pochi giorni dopo la terza guerra mondiale, in un mondo che ormai non esiste più. Un mondo post-atomico.
Quattro nuclei familiari (apparentemente gli unici sopravvissuti alla catastrofe) sono riusciti a salvarsi grazie alla costruzione avvenuta poco tempo prima dello scoppio del conflitto di quattro bunker anti-atomici.
La protagonista si ritrova nel bunker del padre, insieme ad un ragazzo cinese che si trovava in casa loro per caso; il marito di lei si ritrova in quello del proprio padre, a molte miglia di distanza; poi ci sono una donna e i suoi due bambini in un altro e nell'ultimo una coppia di anziani.
I quattro bunker possono comunicare tra loro uno alla volta tramite un sistema audio/video satellitare.

Fin qui, tutto "normale".

Poi arriva il coniglio rosa.
E le persone nei bunker iniziano a morire. A morire in modo sadico. Prima il marito della protagonista con il padre, poi i due anziani, poi la donna e i bambini.
Inesorabilmente, il cerchio sembra chiudersi sull'ultimo bunker ancora inespugnato.

Ma chi è questo coniglio rosa? Perché vuole sterminare la razza umana? E soprattutto, come fa ad entrare nei bunker, che non mostrano segni di effrazione?

In un ritmo che si fa sempre più serrato, l'autore ci trascina in una storia allucinante, che non parla solo delle azioni umane, ma scava nell'animo, porta alla luce le nostre paure più profonde e anche la nostra follia. Questo romanzo sembra dirci che siamo tutti folli, che messi in condizioni adeguate tutti siamo dei potenziali mostri, ma quello che alla fine ci salva, DEVE salvarci, è la nostra umanità. Questa è l'unica cosa che non dobbiamo mai perdere, insieme alla speranza.

In definitiva questo libro mi è piaciuto. La protagonista non mi è per niente simpatica, a dirla tutta, mi sembra solo isterica (e vorrei vedere, in quella situazione) e completamente fuori luogo. Ma la scrittura è scorrevole, veloce, magnetica. Non sono riuscita a staccarmici per due giorni di fila, finché non l'ho finito.

E' un libro non troppo pesante, nonostante il tema trattato, un ottimo horror/thriller, con un finale buonista che però un po' ci sta. Voglio tenere presente che è un romanzo d'esordio e che magari l'autore non se l'è sentita di concluderlo "male", forse anche per superstizione...

Se vi piace il genere e se volete conoscere un autore nostrano che purtroppo non ha molti libri al suo attivo, allora leggetelo. Non vi deluderà.

Anarchic Rain

mercoledì 24 giugno 2015

Una locanda alla fine del mondo, personaggi alla fine della razionalità

TITOLO: Oceano mare
AUTORE: Alessandro Baricco
EDIZIONE: BUR
PAGINE: 227
VERSIONE LETTA: cartaceo
VALUTAZIONE IN DECIMI: 9

Là dove la natura decide di collocare i propri limiti, esplode lo spettacolo.

Rieccomi di nuovo a parlare di Baricco.
Questo gioiellino e i due precedenti di cui vi ho parlato, Castelli di rabbia e Seta, costituiscono forse la sacra triade di questo particolarissimo autore. Se volete conoscerlo, dovete iniziare da uno di questi.
Qualcuno non sarà d'accordo, mi dirà che è meglio iniziare da Novecento (se qualcuno ha visto La leggenda del pianista sull'oceano, grandissimo film, saprà o deve sapere che è tratto da questo libriccino), ma io vi dico di no. E vi spiego perché. Novecento è un monologo scritto per il teatro, è un libro (piccolo) straordinario, il personaggio di Novecento è poetico, tenero, formidabile.
Ma se un lettore vuole approcciarsi DAVVERO a Baricco, non può prescindere da uno di questi tre. O da tutti e tre.
Perché io penso che Baricco sia nel profondo uno scrittore "corale", un meraviglioso creatore di piccoli universi e Novecento, per quanto sia stupendo ha un solo punto di vista. Ripeto, per i duri di comprendonio, amo quel monologo e ci ho persino pianto, ma se volete davvero capire Baricco aprite Seta, o Castelli di rabbia.
O Oceano mare.

Questo libro ha una grandissima importanza affettiva per me, perché è un regalo di compleanno da parte di una mia amica (l'ho già detto in uno dei primi post, ma sapete che amo ripetermi) che mi disse (più o meno) che era legata molto a questo libro e che lo avrebbe regalato solo a chi pensava lo meritasse davvero (correggimi se sbaglio, cara M.).
Ebbene, anche per me fu così dal primo giorno di lettura (l'ho letto quasi tutto d'un fiato) quindi siate clementi se mentre parlo mi commuovo, ok?

Mettere il mare al centro della scena non è originale, ma è pericoloso. Il mare è grande e, a volte, perdi l'orientamento.
Per gli avventori della Locanda Almayer (una locanda che cercherò sempre, in tutte le locande in cui mi capiterà di andare) è proprio quello che succede. Perdono l'orientamento ma, strano a dirsi, quando l'hanno perso quasi del tutto, poi lo ritrovano. Si ritrovano. E guariscono. Oppure no.
Molte storie si intrecciano in questa locanda sul mare, le persone che si confrontano sotto il suo tetto sono diverse, hanno obiettivi diversi, fanno sogni diversi.
Ma sono tutte molto, molto fragili e a vegliare su questa estrema, poetica e dolce fragilità ci sono solo dei bambini. Dira, Dol, Dood, Ditz. Piccoli, nessuno ha più di dieci anni. Eppure sono gli unici che possono prendersi cura degli sperduti che arrivano in riva al mare.

Passiamo ai personaggi perché, al di là della prosa sempre stupenda di Baricco, non ci sarebbe storia senza di loro.
Plasson: un pittore che vuole dipingere il mare col mare, che passa ore a mollo in acqua con pennelli e tela, senza mai esserne soddisfatto.
Ann Deverià: una donna che per ragioni man mano più chiare è stata mandata qui dal marito e che sembra diventata un guscio semivuoto.
Barleboom: uno scienziato che sta scrivendo l'Enciclopedia dei limiti della natura, un'opera che per contrasto sembra non trovare mai la fine.
Elisewin: una ragazza che ha paura di vivere, ma vorrebbe tanto farlo.
Padre Pluche: un prete che accompagna Elisewin e che scrive delle preghiere particolari.
Adams: un uomo che verrà svelato a poco a poco e che costituirà il filo su cui si intreccia la storia.
Il misterioso ospite della stanza in fondo al corridoio. Nessuno sa chi è, ma c'è.
L'ammiraglio Langlais: un ammiraglio in pensione con l'ossessione per Timbuktu, che ad un certo punto della sua vita conosce Adams. E niente sarà più come prima.

Come al solito, mi tolgo il pensiero e vi dico chi è il mio preferito. Non senza soffrire, perché mi piacciono tutti i personaggi, davvero tutti. Ma Bartleboom è qualcosa di straordinario. Questo personaggio mi è talmente entrato sotto la pelle che ogni tanto mi vengono in mente alcune frasi che lo riguardano e smetto di fare quello che sto facendo in quel momento per pensarci un po'. Con tenerezza. Potrei citare interi brani a memoria che lo riguardano.
Bartleboom mi ispira non solo tenerezza, ma proprio amore.
E' un puro di cuore e non se ne trovano molti in giro. Per usare un aggettivo del libro, lui è una persona lieve, così lieve che forse è grazie a lui e a quelli come lui che il mondo riesce a star sospeso nel vuoto. E' un uomo paziente: non solo sta scrivendo un libro che probabilmente non finirà mai e che ha molto di fantasioso e poco di scientifico, ma sta anche aspettando la donna della sua vita. E per rendere meno difficile l'attesa, per ingannare l'impazienza, le scrive delle lettere. Semplici descrizioni di quello che gli succede o quello che pensa, così che lei un giorno, leggendole, abbia l'impressione di essere sempre stata amata.
Ecco, mi sono di nuovo venuti i lucciconi.

Adam è l'unico che può competere con Bartleboom nel mio cuore, ma a lui manca quello che in B. c'è in abbondanza: candore. Adam è un uomo segnato dalla vita, un uomo sfortunato e un uomo triste, che non sa o non può in alcun modo mitigare il dolore che se lo mangia. Un dolore che si è presto trasformato in rabbia, una rabbia che ha presto chiamato vendetta. Una vendetta tremenda.
Elisewin ha tentato di curare le sue ferite, ma evidentemente erano troppo profonde e da troppo gli erano state inferte. Non poteva più scrollarsele di dosso.

Elisewin è forse l'unico personaggio (al di là dei bambini) veramente forte del libro. Una ragazza coraggiosa, una che "o la va, o la spacca", una che preferisce rischiare di morire piuttosto che "non vivere".

Plasson è un pittore che, dopo aver avuto successo in società, si stufa e si trasferisce sul mare per dipingerlo. Ma le prime difficoltà sorgono presto: iniziava i suoi ritratti sempre partendo dagli occhi, ormai era così che lavorava...ma dov'erano gli occhi del mare? E ce li ha il mare gli occhi? Forse si. Chissà se riuscirà mai a finirlo un quadro disegnato con l'acqua di mare. Ma forse no. Il mare può stare solo nel mare.

E' un libro magico, un libro che quasi non esiste. Ma succede qualcosa di bellissimo quando si legge, ci si dimentica che il mondo può essere brutto e ci si ricorda che è anche bello. Strano, forse, e incomprensibile. Ma bello, come un paesaggio, come quando sei in riva al mare e il sole sta tramontando e cielo e acqua sono infuocati di rosso. Non è un libro che risolve i grandi interrogativi del mondo. Non c'è nemmeno una trama fitta di eventi, anzi, se vai a fondo di evento ce n'è solo uno (se volete scoprirlo, leggetevelo). E' un libro che attende, che trattiene il respiro, che sta sospeso tra cielo e terra. A me fa l'effetto di una culla o di un'amaca.
Leggetelo e il mondo vi sarà un po' più lieve.

Anarchic Rain

sabato 20 giugno 2015

Una raccolta di racconti per stomaci forti

TITOLO: Ruggine e ossa
AUTORE: Craig Davidson
EDIZIONE: Einaudi
PAGINE: 274
VERSIONE LETTA: kindle 
VALUTAZIONE IN DECIMI: 7

Un libro duro. Racconti nudi e crudi.

Ho iniziato questo libro per caso, perché ho visto l'anno scorso il film Un sapore di ruggine e ossa e il titolo me lo ricordava. Leggendolo ho scoperto che il film è una crasi tra due racconti ma con modifiche sostanziali della trama. Però devo ammettere che anche il film dà l'idea della durezza. Non è un film facile.

E di certo non è un libro facile.
Mentre lo leggi ti senti quasi disturbato, lo stomaco si stringe un po', le labbra si storcono e gli occhi si strizzano.
Non è da debolucci, ecco, proprio per niente.
Non sono racconti lustri, brillanti, in fondo ai quali c'è redenzione, comprensione, salvezza. Niente del genere. In fondo c'è solo tenebra. O quantomeno una penombra simile a quella che c'è all'inizio di ognuno.

Ogni racconto gronda sudore e sangue, violenza perlopiù gratuita, ma diversa da quella (per esempio) di Arancia meccanica. Non è dettata sicuramente dalla noia, ma da qualcosa di profondo, sicuramente stimolato dai bassifondi in cui i protagonisti vivono o sono caduti per un motivo o per un altro.

Di otto, il primo ti sbatte subito in un mondo (quello della boxe non professionistica) crudele e "breve", visto il grado di violenza quasi senza regole che vi regna. Un pugno allo stomaco, una storia triste, ma non è che l'inizio.
Il secondo forse è il migliore: un uomo ormai nella fossa dell'alcolismo tenta un riscatto attraverso suo figlio (perso ormai insieme alla moglie), ma non gli riesce.
Il terzo è il racconto più crudele di tutti, per me: combattimenti di cani. Di una violenza straziante.
Il quarto parla di un addestratore di orche che perde una gamba e tutta la sua baldanza.
Il quinto è l'unico che forse dona una specie di misera speranza a tutto il libro, e narra di un uomo con la moglie malata di "bradicinesia" che va in giro di notte a recuperare auto non pagate. In un certo senso c'è molta dolcezza in queste righe, quando finalmente lui si scioglie un po' dalla rigida routine e fa affiorare la sua umanità nei confronti di un poveraccio a cui doveva sequestrare l'auto.
Il sesto è su un sessodipendente e ci dà un quadro piuttosto degradante sia della vita dei qualcosa-dipendenti sia delle associazioni che si propongono di fare qualcosa per loro. Ma offre interessanti spunti di riflessione sulla patologia compulsiva del dipendente.
Il settimo è il racconto amaro della vita di un pugile, spezzata a ventotto anni dall'aver ucciso un uomo sul ring. La discesa, la risalita, la piccola ri-discesa, la stasi.

Sono racconti che lasciano l'amaro in bocca, che non ti lasciano l'impressione di tranquillità, che non ti mostrano un mondo in cui va tutto bene e il lieto fine giunge per chi se lo merita. No, no.
"Il mondo fa schifo", questo ti dicono, "e anche se ti impegni potresti non ricevere niente in cambio, perchè al contrario di quello che ti piace pensare nessuno ti deve niente".
Durezza, come marmo.
Pugni non solo virtuali, ma fin troppo reali.

Però secondo me merita e vale la pena leggerlo.
Attenti solo a non farvi troppo male.

Anarchic Rain

martedì 16 giugno 2015

Il pozzo della solitudine di Radclyff Hall

TITOLO: Il pozzo della solitudine
AUTORE: Radclyff Hall
EDIZIONE: Corbaccio
PAGINE: 545
VERSIONE LETTA: kindle 
VALUTAZIONE IN DECIMI: 7

Ho sentito questo titolo solo poche settimane fa.
Mi ha incuriosito la descrizione che ne faceva chi ne parlava: uno dei primi romanzi (se non il primo) a tematica lesbica ad essere pubblicato.
Non avendo mai letto niente su questo argomento, non potevo lasciarmelo sfuggire.

Togliamoci il pensiero, vi dico che mi è piaciuto.

E' una sorta di resoconto della vita (non fino alla morte, però, anzi, molto prima, credo) di una giovane donna dell'alta borghesia inglese, che ha come unico demerito l'essere nata lesbica, o come dice il libro "invertita".
Dal primo disastroso "amore" di bambina, fino all'ultimo (forse, chissà) sempre disastroso di donna ormai adulta, seguiamo l'evoluzione della sua psiche, soprattutto, i suoi ragionamenti spicci, le sue azioni così maschili, sempre.

Cosa strana, non mi sono ritrovata mai a tifare per lei, cioè non ho mai sentito quel trasporto verso Stephen (un nome, un destino, potremmo dire) come se mi coinvolgesse come persona. Non succede, durante tutto il libro, che è anche bello corposo (nell'edizione americana sono poco più di quattrocento pagine, quella italiana sono circa cinquecento).
Questo perché il romanzo ha secondo me un grande difetto: l'autrice, forse anche un po' per paura dell'opinione della gente (è stato scritto ai primi del '900 se non erro), non c'ha messo anima. E' un resoconto, come ho detto, purtroppo abbastanza freddo, della vita di Stephen e niente di più.
Tutte le passioni della ragazza, tutti i suoi momenti bui e quelli allegri (pochi), ogni suo pensiero ci arrivano come attutiti da una nebbia gelata di indifferenza.

Da una parte spero davvero che si tratti solo della traduzione italiana, ma sospetto che non sia così, perché l'argomento trattato era molto scomodo per quel periodo, tanto più che è stato ritirato dal commercio sia in Gran Bretagna sia negli Stati Uniti, e l'autrice e gli editori hanno subito parecchi processi per oscenità.

Però, a volte, tra le righe, oppure appena accennato, in questo libro si sente calore.
Per esempio, quando Stephen porta Mary in viaggio in Spagna, per farla riprendere dagli orrori della guerra; oppure quando finalmente si dichiara a lei; oppure quando apprendiamo la storia di Jamie e Barbara (e anche la loro sorte) e anche le ultime pagine sono bellissime, molto toccanti.
Forse sono questi i momenti più spontanei del libro, non so.

Nonostante la scrittura fredda, Stephen è un grande personaggio. Ora azzardo davvero un paragone improponibile, però nel suo genere mi ha ricordato moltissimo un'altra grande eroina, praticamente coetanea: Scarlett O'Hara. Due donne che sanno assolutamente quello che vogliono e cercano di prenderselo e poi tenerselo con le unghie e con i denti.
Stephen ha solo una cosa di diverso da Scarlett: non ha un briciolo di egoismo (lo dico senza cattiveria, Scarlett è una delle mie eroine preferite!), si fa in quattro per la persona che ama ma anche per gli amici. Non si risparmia mai. E alla fine si sacrifica in modo superbo.
Devo dire che le ultime pagine mi hanno davvero emozionato: anche se si capisce dove vuole andare a parare l'autrice, sono davvero molto liriche.

Una delle cose che mi sono piaciute di più nel libro è il rapporto con Martin, un ragazzo perbene che dapprima si innamora di Stephen (quando sono entrambi molto giovani) e viene da lei respinto, e alla fine avrà ancora un ruolo fondamentale nella sua vita.
Stephen non è come gli altri invertiti descritti nel libro, non è miserevole, non è destinata a stare ai margini della società (è infatti non solo la discendente di una famiglia ricca, ma anche una scrittrice famosa ed ammirata), e la sua amicizia con Martin lo dimostra: lui non è della "sua specie", è un ragazzo eterosessuale, benestante, carino, simpatico e colto. Stephen ama stare in sua compagnia perché lei semplicemente non si sente "diversa". Lei è quello che è e, come dice a sua madre, sono i suoi genitori e Dio ad averla fatta così, non ha chiesto lei di esserlo, quindi non ha colpa. Può semplicemente essere solo quello che è. Ed essere amica di un maschio la fa sentire bene perché lei dentro è come lui.
E quello di cui non si rende conto quasi nessuno, tranne suo padre, morto troppo presto, e Mary, il suo grande amore, è che Stephen è una persona straordinaria, che vive la sua vita con coraggio e cerca di essere quello che sente dentro, ossia un uomo. Lei si sente assolutamente "maschio", solo che il suo corpo l'ha in un certo senso tradita, diventando un corpo di donna.
Ma la sua furia cieca, la sua passionalità, i suoi modi rudi anche se gentili, per non parlare dei suoi gusti sessuali, sono in tutto e per tutto maschili.

Quello che mi dà un po' fastidio è che l'autrice tratta gli invertiti come se fossero malati (fin dalla nascita, ma pur sempre malati) e cerca in ogni modo di giustificarli.
Fortunatamente, oggi non la pensiamo più in questo modo (o almeno non tutti).

Secondo me vale la pena di leggerlo, anche se è un po' lungo e forse ci sarebbero piccole parti che si potevano abbreviare.
Ne vale la pena perché Stephen è un personaggio affascinante, solitario, come un unico essere umano che riesca a raggiungere una vetta imponente da solo e si ritrovi lì a guardare in basso la nebbia che avvolge la valle.
E' proprio così che immagino lei, alla fine del libro. Sfinita, ma in un certo senso pronta a rialzarsi.

Anarchic Rain

PS: ho usato il termine "invertiti" non perché mi piaccia, ma perché è quello usato nel romanzo.

lunedì 8 giugno 2015

Personaggi maschili della letteratura

Spesso, per non dire praticamente tutti i giorni, su siti famosi, quali Buzzfeed e Libreriamo, solo per citarne due, si stilano classifiche su classifiche che riguardano molte cose. Non possono ovviamente mancare i più fighi del reame.

Prima di aggiungere altro, vorrei fare la solita premessa: le liste, cari tutti, lasciano sempre il tempo che trovano. Sono inutili e in più non sarebbero neppure fattibili realmente. Una lista non potrà mai essere assoluta, ci sono infinite variabili da considerare, per esempio il genere letterario, il sesso dello scrittore (non sembra, ma cambia le cose) e di chi stila 'sta lista famigerata, il ruolo del personaggio in questione nel libro (protagonista, antagonista, comparsa -perché no-). E ovviamente il target di età.
E' proprio a causa di quest'ultima variabile che sto scrivendo questo post.
Insomma, dai, ammettiamolo: se sei una quindicenne in piena tempesta ormonale e, magari, ne capisci poco di letteratura (nel senso che ancora non hai una cultura molto vasta), mi aspetto tranquillamente che il tuo eroe sia un certo tipo di vampiro sbrilluccicoso (ma perché torno sempre a prendermela con quel poveraccio???) o un certo tipo di sadico babbione ricco e "misterioso" (riecco pure lui); mentre se sei una pacifica cinquantenne magari ti interessa un personaggio moralmente più elevato (non che ci voglia molto rispetto ai primi due, ma giusto per), diciamo un uomo anche non bellissimo fisicamente ma che magari è passato attraverso molteplici vicissitudini che lo hanno forgiato nello spirito.

Quindi, per riassumere, ogni lista è carta straccia.

MA!
C'è un "ma": voi che state leggendo questo blog forse, dico FORSE, avete capito che io ADORO le liste. Quindi prendo la palla al balzo e faccio anche questa.
Mancheranno moltissimi personaggi, perché non ho letto TUTTI i libri del mondo, e altri magari non vi piaceranno, ma oh, io ve l'ho premesso: carta straccia.

Se avete avuto la pazienza di leggere fino a qui, possiamo cominciare. Andiamo in ordine crescente dal numero 10 al numero 1.
Precisazione ultima: a parte i primi tre, gli altri possono stare in qualsiasi ordine, non ha importanza.

10 - ANDRE' GRANDIER: iniziamo con un personaggio dei manga, ma come ben sapete leggo anche i fumetti e per me il più figo personaggio in 2D è lui: protettivo, bello, dolce, silenzioso, sempre un sostegno per la mia amata Oscar (che, nonostante il nome, non posso mettere in questa lista, mannagg!)

09 - JULIEN SOREL: il protagonista de Il rosso e il nero non può mancare; bello (un po' pallidino), intelligente, ambizioso (forse troppo, a un certo punto) e passionale. Un mix letale direi!

08 - EDDIE DEAN: non sarà certo l'unico personaggio de La torre nera a figurare in questa classifica, ma cari miei, Eddie se lo merita cento volte! E' bello (chiaramente), all'inizio è un ragazzino sciocco e vano, ma con il passare delle pagine cresce e matura fino a diventare un Uomo coi controc... Chi non lo vorrebbe a fianco? Io si.

07 - MR DARCY: vabbè, mi piace vincere facile, con il figo letterario per antonomasia, ma come non citarlo? Misterioso, di bell'aspetto, ricco, burbero quanto basta, ma uno zuccherino se si innamora. Qualcuna ancora non è caduta?

06 - MR KNIGHTLEY: secondo me la Austen non ha scritto Emma solo per parlare di lei (la sua preferita, stando a quanto ha dichiarato). Ma (sospetto) anche per creare il più tenero personaggio maschile della sua intera produzione; bello, ricco, protettivo, divertente e anche geloso (questo è il lato tenero)...penso che si sia divertita molto a scriverne!

05 - RALPH TOUCHETT: ecco, lo so che forse lui non dovrebbe stare nella classifica dei più fighi, perché sostanzialmente non è figo, però ce lo metto lo stesso per due motivi: primo, la lista è mia e faccio quello che mi pare (ahahah), e secondo, perché in realtà un po' figo lo è, in senso lato. In fondo si sacrifica per la persona che ama, considerando che rimane in un posto con il clima perfetto per ucciderlo solo per stare accanto alla donna che ama. Se non è figaggine (anche) questo, allora non so.

04 - LESTAT DE LIONCOURT: il vampiro più figo della letteratura; perché ho messo lui e non Dracula? Semplice, cari miei: Dracula non ha mai fatto un concerto rock. Chiaro il concetto, no?

03 - ROMEO MONTECCHI: il quindicenne che tutte vorrebbero aver incontrato! Passionale, folle, generoso, bravo con le parole e svelto nei fatti. Un sospiro per lui si tira sempre.

02 - ANDREIJ BOLKONSKI: per lunghi anni, fino a dicembre del 2014, lui è stato al primo posto nella mia classifica personale...ora è sceso solo di una posizione, ma sempre sul podio merita di stare perché è bello, ricco, affascinante, nobile (di modi e di spirito, oltre che per nascita), malinconico, tormentato, appassionato. Non posso dire altro, ho un groppo in gola.

01 - ROLAND DESCHAIN OF GILEAD: l'ultimo della sua stirpe, il pistolero più veloce del West (ah, no, scusate, quello era un altro, ma vabbè), l'uomo che porta addosso il suo destino come una seconda pelle. Roland è bello (ok, non è giovanissimo ed è segnato dalle sue mille avventure, ma chi ha letto La sfera del buio sa cosa intendo), coraggioso, forte, sexy (si si, lo è, fidatevi), divertente (a modo suo e molto a tratti, ma lo è), un ballerino strepitoso (l'avete visto quando balla la Commala?), tormentato (quindi un ottimo affare per noi crocerossine mancate), leale e magnetico. Non ci scordiamo per favore i suoi meravigliosi occhi azzurri. Io sono caduta al primo colpo (di pistola).

Eccoci in fondo, carissimi.
Spero vi siate divertiti a leggere la lista almeno la metà di quanto mi sono divertita io a farla.
Mi piacerebbe conoscere la vostra adesso e spero di leggere qualche personaggio che non ho potuto inserire nella mia!

Anarchic Rain

lunedì 1 giugno 2015

Dopo Dracula, il vampiro che amo di più al mondo

TITOLO: Scelti dalle Tenebre
AUTORE: Anne Rice
EDIZIONE: TEA
PAGINE: 453
VERSIONE LETTA: cartaceo 
VALUTAZIONE IN DECIMI: 9

Nonostante abbia già profusamente parlato delle Cronache dei Vampiri della signora di New Orleans, non sono riuscita a trattenermi: Scelti dalle tenebre, ossia The vampire Lestat, è il mio preferito della saga (per ora sono dieci libri, ma presto uscirà l'undicesimo).
Il primo libro, Intervista col vampiro, letto a 13 anni, mi era piaciuto da morire e, in seguito, sono venuta a sapere che ce n'era un altro (non c'era internet a quei tempi, o comunque io ancora non ce l'avevo, quindi l'ho saputo solo per caso e molto dopo), per cui non ho avuto esitazione a prenderlo.



Scelti dalle tenebre (mando ancora anatemi a chi ha tradotto in questo modo il titolo, porca miseria) è l'autobiografia del coprotagonista del primo libro, ossia di Lestat de Lioncourt, uno splendido esemplare di vampiro che viene presentato come un mostro spietato da Louis de Point du Lac.

Lestat, dopo aver letto l'Intervista, decide di scrivere il suo libro per correggere tutti gli errori di valutazione (seppur involontari) di Louis.
Scopriamo così un personaggio affascinante, trascinante, pieno di vita, che viene trasformato in vampiro contro la sua volontà e tutto quello che gli è capitato dopo è figlio di questo miscuglio di vitalità prorompente e rifiuto della sua nuova condizione. Ma forse parlare di rifiuto non è esatto: Lestat fin dalla sua prima notte incarna il vampiro perfetto, sensuale, audace, preciso, assassino solo di malviventi. Proprio per questo cerca di vedere quello che fa come un bene per gli esseri umani.
Ecco, rifiuto nel senso che non si rassegna ad essere un mostro relegato ai margini del mondo, ma anzi, si butta a capofitto proprio in quel mondo che non capisce (non riconosce) la sua esistenza.
Quindi diventa prima proprietario di un teatro, dove vampiri si esibiscono confondendosi tra gli umani e poi, dopo il suo risveglio, nel 1985, una star del rock, in un mondo disincantato che non crede più in niente.

Il libro è suddiviso in vari capitoli, che riguardano la sua vita prima di essere trasformato, i suoi primi anni da vampiro, la trasformazione di sua madre per evitarle la morte, l'incontro con Marius e soprattutto Akasha, i piccoli "ritocchi" alla storia dell'Intervista e poi il finale, grandioso, del concerto rock a cui vanno tutti gli immortali più antichi.

Lestat è nato ribelle: questo ci dice il racconto della sua infanzia/adolescenza. E non era solo ribelle: era anche assetato di conoscenza e vita. Era curioso, faceva domande, voleva sapere quanto più possibile. Un ragazzo esuberante di mente e di corpo.
Poi, d'un tratto, arriva il suo primo amore.
Chi conosce la Rice sa che non deve aspettarsi una cosa banale, scontata, già letta.
Ebbene, Lestat si innamora follemente di Nicolas de Lenfent, ossia Nicki, un giovane del villaggio che a sua volta lo ricambia.
Scappano insieme a Parigi ed è l'inizio della fine: Nicki è sempre più triste e cinico, ormai i momenti di felicità tra i due si contano sulle dita di una mano, ma Lestat non molla ancora. Non credo che avrebbe mai mollato se non fosse stato rapito da Magnus, colui che lo trasforma in una creatura della notte.
La storia d'amore con Nicki è il mio più grande rimpianto del libro: io amavo quei due insieme! Come è potuto succedere che si separassero con tutto quell'odio? E perché? Era davvero necessario?
Secondo mrs Rice si. Come lo so? Perché gliel'ho chiesto: lei gestisce personalmente la pagina facebook e risponde a tutti (perlomeno a me ha sempre risposto) e alla mia domanda "Sarà mai possibile resuscitare Nicki con una spiegazione qualsiasi e far sì che lui e Louis combattano per il cuore di Lestat? E la regina mi ha risposto di no, perché la morte di Nicki era assolutamente necessaria e che il suo carattere negativo non era assolutamente un bene per Lestat. Be', che dire, non sono assolutamente d'accordo, ma dovrò farmene una ragione, suppongo...

Ma in effetti Nicki non è stato il primo amore di Lestat. Lui era già innamorato, e anche in seguito ha continuato ad esserlo, di Gabrielle, sua madre, che noi conosciamo all'inizio come una donna fredda, dal carattere controllato, ma anche lei innamorata del suo ultimogenito. E' grazie a lei se Lestat e Nicki possono scappare a Parigi per inseguire i loro sogni.
E lei è anche il primo essere umano che Lestat trasforma in vampiro: Gabrielle è molto malata e sta per morire e Lestat capisce solo che non vuole perderla...senza pensare alle conseguenze la trasforma.

Povero Lestat! Ogni sua decisione, pur dettata sempre dall'amore, risulta essere se non sbagliata, quantomeno sfigata. Gli si rivolta quasi sempre contro.
Salva sua madre da morte sicura e lei, per tutta risposta, lo abbandona per secoli, nonostante l'evidente bisogno di lei che ancora lui ha.
Trasforma Nicki quando lui lo implora di farlo e lui gli si rivolta contro prendendolo a parolacce, prima di essere mutilato e di suicidarsi in una pira.
Finalmente rintraccia Marius, che gli racconta dei primi vampiri mai esistiti, Coloro-che-devono-essere-conservati, glieli fa conoscere e lui combina un casino, involontariamente, costringendo Marius a cacciarlo da casa sua.
Conosce Louis e, in un altro lampo di genio, lo trasforma perché gli ricorda Nicki, e Louis lo ammorba con la sua "malattia della mortalità".
Per legare Louis a sé trasforma Claudia in una vampira. Peccato che lei abbia solo cinque anni e altri non la vedano di buon occhio. Infatti la uccidono.
Insomma...un vero furbo, il nostro amato Lestat.

Eppure io lo amo. Non posso farci niente, mi piace un sacco, è un personaggio completo e sempre coerente con il suo carattere. Il suo brio, la sua "innocenza" (so che è difficile da credere, ma vi giuro che per certi versi è davvero innocente), la sua continua curiosità. E soprattutto il suo infinito amore. Insomma, mi sembra lecito pensare che dopo quasi trecento anni uno sia un po' stufo, almeno ogni tanto, che ne so, delle persone, della vita in generale. Invece no, lui è un entusiasta. Tutto lo affascina e vuole provare tutto.
Ogni tanto mi piacerebbe dirgli di prendersela con più calma, che ha tutta l'eternità, ma poi in effetti perché dovrebbe? Può essere e fare quello che vuole, quando vuole e per quanto vuole. Forse è questo che gli invidio più di qualsiasi altra cosa. La libertà più pura.

Nonostante il mio sfrenato (?) amore per Nicki (o meglio, per quello che erano lui e Lestat insieme), devo ammettere che anche Louis mi ha catturata. Forse perché è il protagonista della prima cronaca o forse perché Lestat lo ama tanto, ma è un personaggio che mi provoca sempre un sorriso di dolcezza.
C'è una scena stupenda in questo libro, verso la fine, poco prima del concerto rock. Lestat è nella sua casa ed è quasi l'alba ma lui non vuole andare a riposare, quando si accorge che qualcuno è nel suo giardino, eludendo tutte le misure di sicurezza. Dopo una prima reazione di allarme, si rilassa perché sa chi è la figura alta e magra che gli viene incontro. Non potrebbe mai dimenticarlo.
Louis è riuscito a trovarlo e, a rischio della vita, si è intrufolato in casa sua.
Si guardano, non riescono a parlare perché entrambi sono emozionati, e si abbracciano. Non troppo a lungo, ma in quell'abbraccio c'è tutto. Ci sono i decenni di separazione, le incomprensioni, i rimproveri, i litigi, i sentimenti di vendetta. E c'è amore, ovviamente.
Nessuno può fare a meno di amare Lestat, perché lui stesso è tanto pieno di amore che sembra gliene avanzi sempre un po'.
Mi commuovo sempre in quelle ultime pagine.

E, fortunatamente, non ho smesso di commuovermi con gli anni: nell'ultimo libro delle cronache finora uscite, le ultime pagine sono dedicate proprio a Louis, che pensa con amore a Lestat e mi fa commuovere esattamente come allora.

Unica nota stonata del libro è Marius. Lo ammetto, non mi è mai stato simpatico, con quella sua aria da so-tutto-io che ha sempre e quel noioso paternalismo che ostenta in continuazione nei confronti di tutti. Specie in questo libro: si, va bene, abbiamo capito, tu hai protetto per secoli i progenitori, ti sei sacrificato per tutta la vita, sei un figo e blablabla...e allora? Chi te l'ha chiesto. Infatti poi quando lo capisce, finalmente, ha un crollo nervoso (ahahah).

Leggete questo libro, appassionati lettori, perché è emozionante e secondo me può prendervi anche se non amate le storie di questo genere.
Se siete perplessi dal numero di libri della saga, non preoccupatevi, potete tranquillamente leggere solo i primi tre, che costituiscono una trilogia a parte, fatta e finita.
Provateci e ovviamente ditemi cosa ne pensate!

Anarchic Rain