mercoledì 29 giugno 2016

Diario di un sopravvissuto agli zombie di J.L.Bourne

Dopo gli stravizi di un gruppo di "ragazze" inglesi e la tranquillità zen di un monaco buddhista, ho deciso di leggere qualcosa di non impegnativo (in questo clima pre-specializzazione non ce la farei a fare altro) e di accattivante allo stesso tempo.
Essendo in astinenza da Walking dead (ebbene sì, sono fan della serie, nonostante tutto), ho pensato di leggere un libro sugli zombie, anche perché combinazione ha voluto che l'offerta del giorno del Kindle store avesse proprio questo titolo.
Titolo a cui ho fatto la corte parecchie volte in libreria, ma che non mi sono mai decisa ad acquistare, chissà perché*.
*Per i curiosi: me lo sono spiegato un paio di giorni fa. Il mio quinto senso e mezzo deve aver captato la fregatura: si tratta di una trilogia e prima di prenderla cartacea ho deciso di provare la versione elettronica. Se poi dovesse meritare allora la comprerò.

Dunque. Questo libro, prima parte appunto di una trilogia zombie, non è per niente malvagio, anzi. E' scritto (come ci avverte il titolo) sotto forma di diario da un sopravvissuto a un'apocalisse zombie, scoppiata in Cina ai giorni nostri. Il tizio in questione è un militare americano che cerca in tutti i modi di cavarsela in un mondo ormai diventato ostile. Insomma, direte voi, la solita vecchia solfa.
Può darsi, certo il tema è stato ampiamente sfruttato da un sacco di media, libri, film, serie tv, videogiochi, fumetti e via dicendo.

Però questo libro parte da un'idea sui generis: un appassionato del genere Z decide di tenere un diario sul suo blog, per scrivere quello che secondo lui ancora non è stato scritto sull'argomento. Ed è senza abbellimenti letterari, ma con un linguaggio sintetico e di stampo militare, che Bourne ci informa su tutto quello di cui avremmo bisogno nel caso in cui il nostro mondo non sia più nostro ma in balia di quelle creature poco socievoli che sono i morti viventi.
Dal cibo alle armi, ai sistemi di comunicazione e locomozione. Tutto.

Inoltre ci mette in guardia: spesso (non sempre) è meglio stare alla larga non solo dagli erranti, ma anche dagli esseri umani rimasti. La morte (e i morti) non sceglie chi attaccare, buoni o cattivi non c'è differenza e se è possibile incontrare ancora brave persone, è anche possibile il contrario, quindi la parola d'ordine è PRUDENZA!

Dei personaggi solo il protagonista è abbastanza ben sviluppato, ovviamente, visto che il diario è il suo. Di lui sappiamo cosa pensa (anche se in maniera sintetica, è molto preciso riguardo le sue sensazioni), cosa vorrebbe fare, cosa può fare e conosciamo anche a poco a poco i suoi sentimenti verso gli altri del gruppo (fondamentalmente sono un desiderio di protezione e un senso di responsabilità che vengono fuori), mentre le altre personalità sono poco o niente accennate (a parte le descrizioni di quello che fanno e le impressioni soggettive del protagonista). Però è una cosa che non disturba nella lettura complessiva, o meglio, anche noi tendiamo a concentrarci su di lui e a vedere gli altri come un necessario e fortuito contorno.

L'unica cosa che davvero mi ha fatto storcere il naso, ma credo sia inevitabile con un diario, è che nonostante alcune pagine si aprano con "Me la sono vista davvero brutta", sai già che comunque è finito tutto bene, altrimenti non starebbe lì a scrivere...ma ripeto, non ci si può fare niente, non avendo scelto questa forma letteraria.

Non so ancora come sono scritti gli altri due libri della trilogia, non so se si riprende lo stesso stile, non so neppure se il protagonista che parla è sempre lo stesso. Però spero di no, spero che altri due ospiti dell'Hotel 23 si siano dati da fare per non abbrutirsi più del necessario, per cercare di esplorare se stessi e scrivere tutto quello che accade se non altro per cercare una specie di ordine in tutto quel caos.

Tutto sommato, questo libro è una buona partenza, non proprio uno sprint, ma ci si può lavorare.

Non essendo un libro impegnativo, potete leggerlo sotto l'ombrellone o se avete due o tre ore da perdere, ma non aspettatevi brividi o azione adrenalinica (impossibili entrambi con quel linguaggio secco e lineare).

Anarchic Rain

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